Comitato 8 Ottobre - Per non dimenticare

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    Il bosco dei faggi ~ di Ruggero Sala

    Caro Paolo,

     

    la faggeta, il bosco a faggio, è un bosco esigente in fatto di umidità atmosferica. Ama i terreni fertili, ben drenati, sebbene arrivi a tollerare quelli mediocri e magari poveri. 

     

    Un esempio splendido è quella stupenda che ci porta ad un luogo Sacro, da sempre, ancora prima che si manifestasse il nostro Sacro. 

     

    Sto scrivendo di una splendida, antichissima ierofania, la migliore, tutta al femminile (Dio è femmina, almeno in un grande Papa, al secolo Albino Luciani), quella della madre di Gesù, mentre si sale verso l’alto, verso  Oropa e la sua splendida Madonna nera. 

     

    Il loro frutto rinchiude una mandorla  dal sapore delicato, commestibile, sia cruda che arrostita nel suo guscio, come le castagne. La presenza, soprattutto nella seconda buccia a quanto pare, di tracce di saggina, alcaloide, consiglia di non eccedere mangiando questi frutti. 

     

    E questo è un esempio di saggezza. Cinghiali, cervi, caprioli, maiali, piccoli roditori, gallinacei, passeracei ne mangiano in grande quantità quando la stagione è buona. I miei amici ghiri e scoiattoli devono la loro vita, la loro fortuna, gioia, alle faggine. 

     

    Scrive un poeta, Mauro Corona, un rocciatore, scalatore montano robusto, forte nel fisico e nell’anima,  scultore del legno, scultore dell’anima del legno, capace di leggere il legno, cresciuto come me nel mito di Walter Bonatti (un altro grande):  “Il faggio è la folla, la massa e la sua giornata è quella del lavoratore laborioso. La fabbrica funziona perché ci sono i faggi che avvitano i bulloni e svolgono i lavori di manovalanza. Senza di loro la catena di montaggio non andrebbe avanti. Nessuna società può vivere e produrre solo con il riservato maggiociondolo o con l’elegante betulla, o con il duro ma fragile acero. 

     

    Ci vogliono i grandi, tanti faggi che ogni mattina sono lì, a timbrare il cartellino. Certo lui non è un lettore, non va a teatro, il cinema impegnato non lo conosce, ma per il calcio, per la squadra del cuore, è disponibile a tutto. In fabbrica, il lunedì è felice se i suoi hanno vinto e poi un po’ di osteria, le carte e la televisione sono il suo mondo. Dei faggi ho grande rispetto perché, da semplici operai, devono mantenere la famiglia, pagare l’affitto, mandare i figli a scuola. Nella città del bosco sono i manovali che impastono la malta, portano i mattoni e costruiscono le case. Senza di loro i designer, gli ingegneri, i tecnici ossia i frassini, i tassi, i maggiociondoli morirebbero di fame………. Molti faggi sono anche permalosi e tentano in ogni modo di ribellarsi al loro destino di uomini normali. 

     

    Sognano ad occhi aperti e vorrebbero, ad esempio diventare una elegante scultura e appena fiutano che invece li adoperi per ricavarne mestoli e cucchiai si chiudono in sé stessi e diventano inattaccabili. Allora devi prenderli e lavorarli subito, quando sono ancora ingenui, contare sulla sorpresa e non dargli il tempo di ragionare sul loro destino”. 

     

    Tutto ciò per capire che solo il tempo spiega perché nel gioco della vita gli alberi, come gli uomini, sono così diversi tra loro. 

     

    Solo chi accetta e comprende capisce la sua più intima natura. Del resto Fagus è una divinità ed ecco perché è così vicino alla Madonna di Oropa e ne è affascinato. La mitologia celtica riteneva il faggio, con la quercia, la betulla e l’olivo i quattro punti cardinali dell’anno, cioè gli alberi più importanti e la cui descrizione è fra le più antiche. 

     

    Il faggio è l’albero della vita per le popolazioni di montagna. Si piantava un faggio in onore dei propri morti, mentre era l’abete che veniva piantato per le nascite. Faggete ombrose circondavano pascoli ed alpeggi e questo perché si pensava che i faggi proteggessero dal fulmine, manifestazione terribile di Dio.

     

    Per la tradizione celtica, fra le radici dei faggi vivevano gli gnomi, bonari e giocherelloni. Questi esseri possedevano una saggezza molto antica. Quella, la saggezza, che mi sembra di capire sia uno dei motivi per cui operi, affinché in molti possa rivivere.

     

    Ruggero

    Ruggero Sala - 27/10/2014