Comitato 8 Ottobre - Per non dimenticare

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    ARTICOLO DEL PROF. CATINO SULLA TRAGEDIA DI LINATE

    Ho dato una rapida occhiata a questo studio. Volendo assumere che lo studio rivela una verità obiettiva, si dovrebbe concludere che il vero livello di responsabilità della tragedia di Linate è politico e manageriale. Politico perchè il Governo ed il Parlamento non hanno fornito un adeguato quadro organizzativo che permettesse di evitare gli errori inter-organizzativi. Manageriale perchè il management ENAV e dell´aeroporto non hanno fornito, ciascuno per la propria parte, quelle tecnologie e cultura organizzativa della safety che avrebbero permesso l´adeguato comportamento degli operatori. L´articolo in pratica conclude che i fallimenti attivi ( cioè gli errori individuali) in sistemi complessi debbono essere previsti e neutralizzati a livello organizzativo. In pratica, secondo l´autore, non ha senso parlare di colpe individuali. Di conseguenza tutti gli operatori in servizio il giorno della tragedia dovrebbero andare assolti. Mi sembra che l´autore basi il suo articolo su teorie organizzative che si fondano su vecchi classici tipo Durkheim.Sembra pure che l´autore si sia dimenticato di leggere Max Weber ed il concetto di etica professionale che da lui segue. In pratica i sistemi complessi sono gestiti da categorie di lavoratori denominati "professionisti", i quali si assumono gli onori e gli oneri di gestirli. I rapporti tra politica, imprese e categorie professionali sono a loro volta complessi, quindi possono a loro volta generare errori, i quali non possono essere catalogati in nessuno dei "fallimenti" menzionati da Catino. In pratica il Prof. Catino ha organizzato un´insalata in cui manca qualche ingrediente essenziale. Non è possibile pensare che i sistemi complessi possano essere gestiti completamente a livello organizzativo. Inevitabilmente, le incertezze rimanenti vanno gestite in fase real-time, ecco perchè esistono le "professioni" tipo i notai, medici, avvocati, piloti, controllori di volo, giudici, ecc. Al giudice spetta di valutare se gli operatori del giorno della tragedia abbiano agito con la adeguata coscienza professionale, oppure se il sistema di riferimento (sociale, tecnologico, organizzativo e contestuale) li abbia buttati verso un vicolo cieco.
    Francesco Moorsel - 26/08/2004
  • Risposte

  • Rispondo alla comunicazione del Sig. Francesco Moorsel per chiarire alcuni punti del mio articolo che possono essere stati poco chiari così da generare alcune incomprensioni. L’idea base che sostengo è che gli incidenti ed i disastri nei sistemi organizzativi complessi, come ad esempio il sistema del trasporto aereo, sono generati dall’intreccio di errori attivi e di fattori latenti. I primi – gli errori attivi – sono commessi dalle persone a più stretto contatto con il compito; si tratta degli operatori di front line come i controllori di volo, i macchinisti dei treni, i medici durante un intervento, ecc. I secondi – i fattori latenti – sono di natura organizzativa e riguardano un insieme di criticità attinenti a varie dimensioni della natura dell’impresa come la formazione degli operatori (scarsa o non adeguata), le procedure (talvolta poco chiare o che non supportano l’esecuzione del compito), le tecnologie (non ergonomiche o insufficienti), le comunicazioni, l’allocazione delle responsabilità, i turni di lavoro, i sistemi di regolazione e controllo, ed altre dimensioni ancora. Tanto più sono presenti i fattori latenti, tanto più un sistema organizzativo è critico perché esposto ad errori attivi e dunque ai disastri. Il problema è che gli errori attivi sono continuamente commessi, spesso in modo inintenzionale (il richiamo all’etica di Weber è fuori luogo così come il riferimento a Durkheim): occorre progettare, per quanto possibile, sistemi a prova d’errore, creare contesti di lavoro affidabili e resilienti, ovvero in grado di fronteggiare eventuali errori attivi. Questo si può fare, è oramai un consolidato sia della teoria e della ricerca sul problema della sicurezza nelle organizzazioni, sia della pratica aziendale e professionale di molto imprese con una adeguata cultura della sicurezza. Questo non purtroppo non è accaduto per il sistema di Linate. Molte disfunzioni favorivano il manifestarsi di errori, come quelli commessi dai piloti nel prendere il raccordo sbagliato (le sigle non erano visibili e i supporti inadeguati) o le incomprensioni nella comunicazione tra la torre ed i piloti. L’aeroporto di Linate era un sistema che induceva all’errore. Non è soltanto un problema di coscienza professionale, purtroppo. Lo stesso giudice che ha emesso la sentenza, ha commesso un errore formale durante la stesura e lettura della stessa; la differenza è che il suo errore non genera disastri mentre quelli degli operatori di front line sì. E dunque a maggior ragione questi operatori non possono essere lasciati soli nel loro compito, senza supporti, tecnologie e procedure chiare. Le persone, anche le più intelligenti ed accorte, prima o poi, commetteranno un errore; è soltanto un problema di tempo. Nel campo medico, ad esempio, sono commessi 4 errori circa ogni 100 prestazioni, la maggior parte senza conseguenze naturalmente. Se pensassimo di migliorare il sistema soltanto attraverso i processi (certamente necessari in alcuni casi) non otterremmo nessun miglioramento. Negli USA, ad esempio, da alcuni anni si sta lavorando nel settore medico proprio secondo l’approccio richiamato nell’articolo (cfr. To Err is Human, 2000). Occorre prestare la dovuta attenzione a quelle criticità (qui chiamate fattori latenti) che favoriscono gli errori o che non sono in grado di assorbirli una volta commessi, in modo da non generare conseguenze disastrose. Rimuovere soltanto le persone, senza modificare i fattori organizzativi che favoriscono le condizioni critiche, significa continuare ad esporre le organizzazioni a successivi incidenti. Questo è la tesi sostenuta nell’articolo. Il mestiere del giudice è un altro: accertare responsabilità e comminare sanzioni. Il compito di chi si occupa di sicurezza è di fare in modo che l’evento non si ripeta. La semplice sostituzione delle persone non assicura questo. Si tratta di due strade parallele ma necessarie. Fermarsi soltanto alla prima può rassicurare, ma non cambia lo stato delle cose né migliora le condizioni di sicurezza. In altre parole, la condanna degli undici imputati (di cui 4 già condannati in primo grado), senza modifiche strutturali del sistema di sicurezza e della sua organizzazione, continuerà a mantenere una situazione di rischio.
    Maurizio Catino - 29/08/2004
  • Chi è responsabile di rendere i sistemi più sicuri? Gli organi politici? Il consigliere di amministrazione di un impresa? Il professionista che opera in quel giorno di lavoro? Se tutte queste tre figure sono responsabili come si suddividono le varie responsabilità? Mi sembra che l´articolo non risponda a queste domande. Se le sue teorie organizzative hanno il compito di comprendere gli errori senza indicare i responsabili, chi si prenderà la briga di cambiare le cose? Su chi la società deve fare pressione per modificare sistemi complessi che non funzionano? L´articolo dice e non dice. Io credo che indicare gli errori senza indicare un responsabile sia un passo ulteriore verso un´altra tragedia. Il livello politico ha messo in condizione al sistema di Linate di funzionare adeguatamente? Si oppure no? Il livello manageriale ha messo in condizione gli operatori di lavorare adeguatamente si oppure no? L´operatore ha usato adeguatamente la sua etica professionale si oppure no? A che serve raccontare cosa è andato storto se nessuno poi è direttamente responsabile di provvedere a raddrizzarlo? L´evoluzione umana si migliora nel comprendere meglio il nesso tra attore, causa ed effetto. Mi sembra che la sua teoria spiega solo come migliorare il legame causa effetto.
    Francesco Moorsel - 01/09/2004
  • Leggo i messaggi di colti "addetti ai lavori" con differenti teorie e dotte citazioni. Vorrei esprimere il mio parere terra terra.Governo e Parlamento hanno costituito Enti preposti alla tutela della sicurezza (Enac ed Enav) ed hanno così adempiuto al proprio compito.Gli Enti hanno assunto i professionisti che avrebbero dovuto garantire un corretto aspetto operativo.I risultati li abbiamo purtroppo visti .Carenze organizzative, manutenzione inesistente, criminale superficialità dei singoli operatori. Ricordate i commenti nella Torre di Controllo ad incidente avvenuto?Secondo me quindi la responsabilità prima è proprio da imputare agli allora responsabili degli Enti ed ai singoli operatori, così come ha ritenuto il Tribunale di Milano.A questo punto sì però che vanno richiamati in causa Governo e Parlamento, per chiedere loro che facciano piazza pulita di quei funzionari che hanno ottenuto posizioni di rilievo grazie ai propri appoggi politici e che non hanno saputo dare prova di capacità con le conseguenze che tutti noi abbiamo patito.Non vogliamo che la storia si ripeta.Il 7 di Ottobre ci sarà a Milano il Convegno sulla sicurezza che avrà una certa risonanza.Approfittiamone per richiamare l´attenzione dell´opinione pubblica anche su questo aspetto.Giorgio
    Giorgio Centonze - 08/09/2004
  • Sono totalmente d´accordo con quanto scrive Giorgio Centonze. Sarà bene che le cose comincino a cambiare. Oltre al Convegno del 7 ottobre, il Comitato ha riunito un gruppo di tecnici ed esperti del settore che si dedicheranno a far si che gli obiettivi che ci siamo preposti, in materia di sicurezza, vengano raggiunti. La sola pubblicazione della notizia ha messo nel panico molti. Non è il panico che noi vogliamo creare, ma la consapevolezza che le cose siano fatte con diligenza e profesionalità-
    Paolo Pettinaroli - 09/09/2004