Comitato 8 Ottobre - Per non dimenticare

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    accordi aerei bilaterali

    Salve a tutti, mi chiamo Ilaria Costantini. Mi rivolgo all’equipe di tecnici del Comitato per avere delucidazioni su una questione di cui si è molto parlato nelle ultime settimane in relazione alla vicenda Alitalia-Malpansa: ovvero della necessità di rinegoziare nuovi accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo. Con il cosi detto emendamento "salva Malpensa" - approvato dalla commissione Bilancio della Camera l´11 gennaio scorso e collegato al dl anti crisi - i ministri delle Infrastrutture e degli Esteri hanno preso in tal senso un impegno formale "al fine di ampliare il numero dei vettori ammessi ad operare sulle rotte nazionali, internazionali ed intercontinenatali". Sul tema c’è stato anche un dibattito a mezzo stampa tra il presidente di Enac Vito Riggio, secondo cui la rinegoziazione dei diritti di volo può avvenire solo a livello europeo e Giuseppe Bonomi di Sea che, al contrario, sostiene che “i patti bilaterali sono sottoscritti tra singoli stati” e che “tali accordi devono prevedere una clausula comunitaria” sottoscritta però a livello opzionale dagli stati contraenti. Alla fine la soluzione sembra essere stata individuata in “autorizzazioni temporanee” rilasciate da Enac per almeno tre stagioni Iata ai vettori che ne faranno richiesta. A parte la garanzia dell’impegno al mantenimento dei livelli occupazionali, non si leggono nel testo di legge altri vincoli all’ingresso di un vettore internazionale nel mercato italiano. Il che suscita inevitabilmente alcune questioni: in primo luogo in termini commerciali. Se così stanno davvero le cose – e vi prego di correggermi se la mia interpretazione non è esatta - basterà che un qualsiasi stato o vettore possa contare su costi di manodopera inferiori per introdursi come potenziale concorrente sleale nel mercato italiano e quindi europeo. In secondo luogo mi pongo un problema in termini di sicurezza aerea: gli standard previsti dall’Icao a livello internazionale appaiono infatti molto meno stringenti rispetto a quelli richiesti dall’autorità europea (Easa). Come ci ha insegnato purtroppo il caso Tuninter, non tutti i paesi extra europei si sono dimostrati in grado di garantire modelli di vigilanza soddisfacenti sui propri vettori. Basteranno i veloci controlli Safa e gli audit pluriennali svolti dall’Icao a metterci al riparo da simili rischi? E ancora: stando ad una lista pubblicata da Enac, l’Italia conta attualmente una novantina di accordi di traffico: ciò significa che esistono almeno altrettanto compagnie aeree che volano da e per l’Italia? Infine: un accordo bilaterale nel settore del trasporto aereo viene stilato sulla base di interessi puramente politico commerciali o si tiene in considerazione anche l’aspetto della sicurezza? (penso al caso recente della Libia) Se vi è possibile vi prego di aiutarmi ad orientare me e quanti si saranno posti simili domande su una materia tanto articolata. Vi ringrazio anticipatamente della collaborazione Ilaria C.
    ilaria - 19/01/2009
  • Risposte

  • Ringrazio Ilaria per le domande che ha posto, ed in particolare per i quesiti attinenti le autorizzazioni che devono avere i vettori stranieri per poter accedere al nostro spazio aereo, con pari diritti di tutti gli altri che possono prendere a bordo passeggeri Italiani paganti. Questo profilo riguarda molto da vicino, infatti, il disastro aereo del 6 agosto 2005, nel quale, a bordo di un ATR 72 Tuninter, hanno perso la vita 16 persone (tra le quali c´era anche mia figlia), e molti hanno riportato gravi conseguenze psico-fisiche, pur essendo sopravvissuti. Durante le indagini prima, e nel processo poi, è emerso che non c´è chiarezza su questo punto. A quanto ho compreso la Tuninter ha avuto accesso al nostro territorio in forza di un qualche tipo di accordo o convenzione, ed ha dichiarato alla stampa, alcuni mesi dopo l´incidente, di avere avviato il percorso per ottenere determinate certificazioni (tourmag.com – article 9409/Gazzetta del Mezzogiorno del 24 gennaio 2006). Da queste affermazioni se ne potrebbe dedurre che non le possedeva, al momento dell´incidente. A quanto so, inoltre, alcune di dette certificazioni (Jar 145, se non sbaglio) debbono essere, invece, possedute dai vettori europei. Questo argomento, da un punto di vista strettamente processuale, non è stato approfondito, ma io voglio capire bene come stanno le cose, e voglio sapere chi e in che modo ha autorizzato la Tuninter (all´epoca) a consentire di prendere passeggeri Italiani in uno scalo Italiano. Mi chiedo anche quali criteri sono stati utilizzati per detti permessi, e quali e quanti controlli sono stati fatti PRIMA di concedere detta autorizzazione. Credo che sia una questione di interesse generale, e che la chiarezza sia più che mai dovuta. Questi argomenti, tra l´altro, sono stati anche richiamati sia dai Pubblici Ministeri che dagli Avvocati di parte civile. Uno degli Avvocati, in particolare, ha usato il termine “zona buia” dell´inchiesta, quando ha toccato quest´argomento. Forse sarà buia per il processo, che ha una finalità precisa e che quindi non può occuparsi di tutto ciò che non è strettamente connesso al reato, ma non resterà buia per noi. Chiedo anche io, quindi, che a queste domande sia data risposta dalle istituzioni preposte. Ho il diritto di sapere se è tutto come dovrebbe essere, e se la normativa vigente offre sufficienti garanzie. Grazie dell´ospitalità su questo sito ed un caro saluto a tutta la “Fondazione 8 ottobre”. Rosanna Baldacci
    Rosanna Baldacci - 19/01/2009
  • Ringrazio sinceramente Ilaria e Rosanna per l´opportunità che ci danno di fare luce su un argomento molto importante e vitale per la sicurezza.
    La task force tecnica della Fondazione 8 ottobre è già stata informata delle vostre richieste e si sta già adoperando per dare una risposta al più presto.
    Il presidente - 20/01/2009
  • Buongiorno, sono l’Avv. Antonio Alessio Boccia, già noto a gran parte dei componenti il Vostro direttivo e mi permetto di fornire alcune brevi risposte ai quesiti posti dalla Sig,ra Costantini, non intendendo in alcun modo sostituirmi a quelle che saranno fornite dagli esperti della Fondazione e del Comitato. In primo luogo, il sostenere costi di manodopera e, in generale di produzione, inferiori rispetto ai vettori concorrenti non è necessariamente sinonimo di concorrenza sleale, fenomeno complesso che si attua con una serie di comportamenti scorretti e poco trasparenti: se così non fosse, qualsiasi riduzione di prezzo del biglietto aereo sulla medesima tratta si tradurrebbe in concorrenza sleale, cosa che non è, dovendo il vettore ottimizzare i costi della produzione rispetto ai ricavi onde evitare dissesti (Alitalia docet). In secondo luogo, in base alle norme ICAO, spetta all’autorità aeronautica dello stato di nazionalità del singolo vettore la vigilanza sulla sua attività complessiva, sicurezza compresa, mentre l’ENAC e l‘Unione Europea possono solo vietare ai vettori non risultati in regola il decollo, l’atterraggio e il sorvolo dello spazio aereo comunitario: i controlli SAFA vengono effettuati assiduamente e hanno portato all’adozione di una black list comunitaria che viene periodicamente aggiornata e che dovrebbe spingere le compagnie aeree a impegnarsi sulla sicurezza onde evitare di incappare in questi divieti. Da ultimo, i trattati bilaterali sulla navigazione aerea sono stipulati avendo per presupposto il rispetto, da parte degli stati contraenti, delle norme di sicurezza, rispetto che in base alle norme internazionali vigenti, gli stessi stati si impegnano a garantire l’uno nei confronti dell’altro. Per concludere, vorrei rassicurare la Sig.ra Costantini sul reale obiettivo di Sea per Malpensa con l’emendamento proposto in Parlamento: i vettori che si intendono attrarre non sono i simil - Tuninter e affini, bensì le potenti compagnie aeree dei Paesi emergenti (Cina, Giappone, Emirati Arabi Uniti, Malaysia, Singapore, solo per citare alcuni esempi), compagnie aeree che adottano elevatissimi standard di sicurezza, con flotte di aeromobili di ultimissima generazione, e che attualmente sono bloccate nel numero di voli e nel numero degli aeroporti di accesso da trattati bilaterali stipulati decenni fa e ormai decisamente fuori dal tempo Avv. Antonio Alessio Boccia
    Avv. Antonio Alessio Boccia - 20/01/2009
  • "Quanto ricevuto da Ilaria e dalla Sig.ra Baldacci, e pubblicato sul sito, richiede, ad avviso della Task Force Tecnica della Fondazione, una risposta puntuale e trasparente, anche nell´ottica del decreto approvato per aumentare le frequenze di traffico su Malpensa (aspettativa oltremodo legittima di passeggeri, lavoratori e Società di Gestione), con l´utilizzo di "accordi bilaterali". Questo argomento era già stato affrontato durante un intervento sull´incidente della Tuninter, ricordato anche da Ilaria, presentato nel Convegno organizzato dalla Fondazione 8 ottobre, il 13 novembre 2006, e dal titolo: "Il trasporto aereo è davvero sicuro?".
    Mentre, per gli operatori UE (comunitari), è obbligatorio (mandatory) il rispetto delle normative comunitarie (requirements) per operazioni di volo,certificazioni e manutenzione (EASA Part M, Part 145, JAR OPS 1), per gli operatori extra UE questi requisiti sono considerati "optional standards", cioè a DISCREZIONE dei singoli operatori e, talvolta, delle singole autorità aeronautiche locali.
    Se un vettore extra-UE desidera operare fra uno stato extra-comunitario ed uno stato della Comunità, è sufficiente stabilire, appunto, un "accordo bilaterale" (tramite ministeri) fra i due stati, ma i termini e le condizioni dell´accordo NON sono standard, dipendono dalla "policy" dello Stato comunitario, e possono essere più o meno aderenti alle norme che, per un operatore basato in uno Stato UE, sono invece vincolanti ed obbligatorie.
    E´ quanto accaduto con Tuninter: dopo l´incidente, due Commissioni dell´ENAC fecero delle visite in Tunisia con relativi "audits". Le conclusioni furono la sospensione dell´Autorizzazione ad operare in Italia perchè gli standards di sicurezza non erano stati ritenuti adeguati, a seguito delle evidenze riscontrate.
    Gli aeromobili della Tuninter erano anche stati sottoposti a "controlli di rampa", durante i tempi di transito fra un volo e l´altro in territorio italiano nel periodo in cui aveva operato prima della sospensione decretata da ENAC, secondo il programma SAFA dell´ICAO. In quelle occasioni non era stato rilevato nulla.
    La cosa, peraltro, non deve stupire: tali controlli sono effettuati in tempi molto ristretti e si limitano solo ad alcuni aspetti compatibili con il tempo a disposizione (licenze di volo, assicurazione dell´aeromobile, equipaggiamenti di emergenza, ispezione esterna, ecc.) e non consentono alcun approfondimento nè valutazione della organizzazione, dell´addestramento, della manutenzione. Rappresentano solo un possibile "deterrente", ma nulla di più.
    Quanto sopra era comunque già stato evidenziato dai tecnici della Fondazione, in occasione di loro valutazioni sull´incidente della Tuninter, a seguito della costituzione di parte civile della Fondazione stessa nel processo di Palermo, ed inserito in una relazione specifica.
    Era stato anche sottolineato come questo aspetto, ritenuto importante anche ai fini della determinazione dei fattori contributivi all´incidente, non fosse stato, ad avviso della T.F., sufficientemente indagato, mentre aveva costituito, e costituisce ancora, una "falla latente" aperta nel sistema, che, se non rimossa, può costituire un prodromo per ricreare situazioni simili a quelle che si sono concluse con l´incidente di capo Gallo.
    Ad ulteriore conferma di quanto espresso, desideriamo citare quanto affermato sull´argomento dal Presidente ENAC, Prof. Riggio, durante il Convegno del 13 novembre 2006 (pag. 106 degli Atti del Convegno, secondo capoverso): "Vanno fatti gli accordi bilaterali con i Paesi terzi, CHE DEVONO PERO´ ADEGUARSI ALLE NORME, perchè i nostri cittadini viaggiano su aerei del terzo mondo, e noi POSSIAMO FARE UN CONTROLLO FORMALE, ma nell´accordo bilaterale dovrebbe essere scritto che SE NON SI ADEGUANO NON VIAGGIANO".
    Ma così non è.
    La T.F. ritiene che, se ritiene di dover ricorrere ancora allo strumento degli "accordi bilaterali", in particolare per quanto riguarda Malpensa ( e, quindi, in modo non sporadico, ma sistematico), sia necessario introdurre una normativa diversa, più adeguata e cogente da parte degli enti regolatori ed un "protocollo", da sottoscrivere con l´"accordo bilaterale", che consenta contolli approfonditi prima dell´inizio delle operazioni.
    La T.F., pur condividendo perplessità e dubbi di Ilaria su aspetti commerciali e politico-commerciali, preferisce non entrare nel merito, limitandosi ad analizzare aspetti di propria specifica competenza.
    Ci auguriamo di aver risposto in modo chiaro ed esaustivo.
    Buon lavoro a tutti.
    La T.F. tecnica della Fondazione 8 ottobre 2001 per non dimenticare
    La Task Force Tecnica della Fondazione 8 ottobre - 21/01/2009
  • Ringrazio di cuore la Task Force per le sue risposte precise e tempestive. Ricordo bene quanto si disse in proposito agli accordi bilaterali, in occasione del convegno richiamato nella risposta, al quale ero presente. Ma allora era ancora in corso la primissima fase delle indagini per il processo relativo al disastro del 6 agosto 2005, e non sapevo se queste problematiche sarebbero state oggetto di rilievo penale, o se sarebbero dovute rimanere fuori da questo ambito. Come ho detto nella precedente, oggi abbiamo preso atto che queste problematiche non interesseranno la Giustizia, per ragioni strettamente procedurali. Ed è per questo che il mio appello era rivolto soprattutto alle Autorità preposte. Ho colto l´occasione per formulare questa richiesta di chiarimenti attraverso il sito, perchè immagino che venga letto anche da molti esponenti delle Istituzioni. E´ ovvio che lo farò anche formalmente, non appena il processo, almeno in primo grado, sarà concluso. Mi sembra di capire che, secondo la normativa attuale, una compagnia estera può volare in Italia e prendere passeggeri Italiani (come è stato nel nostro tragico caso), pur non possedendo requisiti di base (come il possesso di determinate certificazioni che ne garantiscono il rispetto di determinati criteri afferenti anche il tipo di procedure adottate nella gestione) che invece devono essere posseduti da altre compagnie. Non posso non notare che, se queste certificazioni, come immagino, hanno dei costi, queste compagnie se ne possono avvantaggiare, in termini di concorrenza, perchè hanno spese inferiori a quelle compagnie che invece debbono possederle per poter operare. Se questa è la realtà dei fatti, allora è la normativa che deve essere modificata. Qualsiasi vettore debba operare in Italia, a mio avviso, non deve poterlo fare se non possiede i requisiti di base che (se sono stati posti obbligatoriamente a base dei permessi per le altre compagnie) garantiscono una sufficiente livello di sicurezza. Questo sarà, certamente, uno degli impegni che sarà perseguito in futuro. Oggi, però, vorrei intanto conoscere anche quando, come e da chi sono stati sottoscritti questi accordi, e soprattutto ne voglio conoscere i contenuti, per essere certa che siano stati rispettati. Non avrei mai immaginato, comunque, di dover scoprire tutte queste cose solo oggi, e a causa di quello che è accaduto. Prima pensavo che se avessi messo piede su un aereo in un aeroporto Italiano, avrei dovuto avere le medesime garanzie per qualsiasi compagnia. Oggi ho dovuto scoprire, ad un prezzo inumano, che le cose non stanno così. Ho conosciuto al processo i contenuti dei rapporti stilati dall´Enac dopo l´incidente. Non li commento volutamente, e mi limito, in questa sede, a rammentare (come ha elegantemente fatto la Task Force nella sua risposta) che l´Enac, sulla base di quelle verifiche, revocò i permessi alla Tuninter. Ma perchè tutto questo, verifiche comprese, è dovuto succedere DOPO l´incidente? Provo lo stesso sgomento che ho sempre letto tra le righe del dolore dei familiari delle vittime della tragedia di Linate, e che ora comincio a comprendere sempre più. Ora che il dolore, in me, sta lasciando spazio all´orrore. Di queste cose, comunque, ora non riesco ancora a parlare. Ma lo farò. E presto. Oggi posso solo ringraziare Paolo Pettinaroli e tutta la Fondazione 8 ottobre, al nostro fianco sin dall´inizio ed anche in quell´aula di Tribunale. Non smetterò mai di farlo, e sarà sempre troppo poco. Rosanna Baldacci
    rosanna baldacci - 24/01/2009
  • La Task Force Tecnica della Fondazione ringrazia la Sig.ra Baldacci per gli apprezzamenti contenuti nella Sua replica e, visto che formula una richiesta di approfondimento in merito al documento da noi pubblicato, riteniamo doverosa una ulteriore risposta, non essendo forse stata la prima così chiara come ritenevamo. Innanzitutto, desideriamo sottolineare che non si tratta, per quanto concerne gli "accordi bilaterali", di Compagnie "estere", ma "extra-UE".
    In merito alla Sua riflessione sull´aspetto relativo a "certificazioni" diverse da quelle richieste ad operatori UE per operare, Le confermiamo che, pur possedendo, tali compagnie, le certificazioni da parte della propria Autorità Aeronautica, non è detto che tali certificazioni prevedano le stesse normative previste per i vettori UE.
    Solo una accurata verifica potrebbe constatarlo (come è successo a Tuninter, con risultato negativo, come sappiamo, ma solo DOPO l´incidente, come Lei stessa sottolinea).
    Tale aspetto riguarda non solo certificazioni, ma anche le aree addestrativa, manutentiva, operativa ed organizzativa. Certamente l´adeguamento alla normativa vigente in UE ha un impatto, che può anche essere rilevante, sui costi.
    Ma anche noi crediamo che l´Autorità di Controllo Aeronautica di uno Stato debba garantire l´utente che sale a bordo di un aeromobile, in un proprio aeroporto, che tale aeromobile e la compagnia di appartenenza abbiano gli stessi standards di sicurezza previsti per gli aeromobili ivi immatricolati.
    Sicuramente, il problema riguarda lo studio e la introduzione di una normativa più adeguata a tempi di deregolamentazione e liberalizzazione.
    Di seguito elenchiamo alcune normative in vigore, che possono essere consultate per approfondimento:

    -Regolamento (CE) 216/2008, in cui si trovano le "regole comuni nel settore dell´Aviazione Civile e che istituisce una Agenzia Europea per la Sicurezza Aerea", abrogando precedenti direttive e regolamenti;
    -Regolamento (CE) 1702/2003 del 24 sett. 2003 e Regolamento (CE) 2042/2003 del 20 nov. 2003, riguardanti certificazioni, aeronavigabilità, manutenzione;
    -Direttiva (CE) 2004/36, recepita con Decreto Legislativo 192/2007 e Regolamento (CE) 2111/2005 riguardanti i controlli di rampa SAFA, anche se ribadiamo i limiti degli stessi già espressi nella precedente risposta;
    -IOSA: IATA Operational Safety Audit, audit, su base volontaria, previsto in ambito IATA (International Air Transport Association). Audit approfondito e condotto presso le Compagnie che lo accettano. Decisamente il più valido. Bisogna, però, ricordare che è, come detto, su base volontaria e che , ad esempio, le compagnie low-cost, come altre, non fanno parte della IATA-

    Una attenta lettura delle pagine del sito ENAC sul sistema di controlli (reperibili all´indirizzo internet www.enac-italia.it/Home) confermno il contenuto delle nostre risposte.

    La Task Force Tecnica della Fondazione 8 ottobre.
    La Task Force Tecnica della Fondazione 8 ottobre. - 25/01/2009
  • Timori e cordate

    Egregio avv. A.A. Boccia
    Riprendo con ritardo la sua nota di commento del 20-01-09 alla sig.ra Costantini , ed ora di quella, più recente, alla sig.ra Giovanna.
    A chi , per motivi professionali abbia avuto l’opportunità d’imbattersi nell’analisi di un rendiconto economico di una azienda di trasporto aereo , non sarebbe certamente sfuggito quanto ampio sia lo spazio disponibile , tecnico ed amministrativo, nella cosiddetta manovra di ottimalizzazione delle voci di costo di una compagnia aerea. È proprio di questi giorni la notizia di una inchiesta della Guardia di Finanza su dei disinvolti atteggiamenti di top managers di una nota compagnia nazionale, che sembra abbia allegramente omesso di versare i dovuti contributi previdenziali e l’IVA; sono i “soliti noti “ che da anni scorazzano nei prati verdi dell’incontrollata area dell’Air Transport di casa nostra, saccheggiando le tasche dell’Erario e la Sicurezza del volo dei cittadini.
    Nel contesto di una pur minima ammissibile ed accettabile scala omogenea, sia di skill professionali , che di metodologie produttive, è difficile scendere al di sotto dei costi minimi di mercato, a meno di non ricorrere a risorse umane e processi tecnici/operativi marginalmente accettabili, ivi incluso l’appaltare i servizi a terra a compagnie di handling, le cui “virtù” di alcune,( recentemente e proprio su questo sito), sono state duramente censurate dai propri dipendenti ; purtroppo ad oggi, e dopo quasi sei mesi , le preposte Authority nazionali non hanno trovato il tempo per riferire sulla fondatezza delle aperte segnalazioni di gravissime inadempienze nell’assolvimento dei servizi di terra.
    La si.gra Costantini fa molto bene a sollevare questi dubbi, perché nella realtà operativa di tutti i giorni, essi purtroppo trovano numerosi amari riscontri , celati ai più , da omertosi ed inqualificabili atteggiamenti di collusione, così come testimoniano ,negli ultimi anni, i fatti di giustizia emersi al riguardo.
    Certamente Lei mi dirà che si tratta di aberranti deviazioni e che non costituiscono la regola ma, ad es., analizzando da addetto ai lavori il caso Tuninter , emerge un quadro desolante del soporifero placebo delle norme di sicurezza previste nei trattati bilaterali sulla navigazione aerea, da lei citati, ove gli stessi Stati contraenti si impegnerebbero a garantire, l’uno nei confronti dell’altro , il rispetto delle vigenti norme internazionali : Ipocrisia stratificata, facciata di un perbenismo convenzionale che naufraga miseramente davanti a superiori ragioni di Stato, quale ad es. le trattative per un gasdotto o per i diritti di pesca.
    Ne discende che se si opera nei sopra citati settori ,con politiche aziendali di marginalità qualitativa e quantitativa, allora rimane poco su cui incidere, dovendosi ,per fortuna, approvvigionare il carburante soltanto da ben note ed ineccepibili Aziende del settore.
    Certamente si dovrebbe indagare e seriamente, sui dati contabili ed amministrativi di chi applica incredibili ribassi sulle tariffe, i casi di crack o di mala operatività, emersi in questi ultimi anni , ne sono la conferma di questa elementare esigenza.





    Chi controlla, e con quale competenza, i “Business Plan” che le Compagnie aerei devono presentare alle pertinenti Authority prima di ricever il benestare ad operare? Chi poi negli anni ne verifica e legittima la loro “consolidation “?
    In quanto poi ai controlli SAFA , sono di una tale marginalità, a dir poco avvilente, e che in nessun modo permettono seri riscontri sull’aeronavigabilità , vuoi per la tipologia dei controlli del tipo “favorisca patente e libretto”, vuoi per la brevità del tempo disponibile per un aeromobile in transito; tali “controlli” nulla dicono degli standard delle Compagnie, degli equipaggi di condotta e del personale di manutenzione, salvo poi scoprire, a spese delle vite di 16 ignari passeggeri , che ad es. non c’era certificazione alcuna, proprio per l’ATR 72, (il modello del velivolo della sciagura di Capo Gallo del 6-08-05).
    Chi aveva garantito che la Tuninter, compagnia extra comunitaria, fosse conforme alle norme Europee della J.A.A, e perché non è tra gli imputati condannati al processo di primo grado, oggi conclusosi a Palermo ?
    Ci sarà mai una dignitosa risposta a questo e ad altri gravissimi interrogativi ?
    Abbiamo già visto in Cassazione l’emblematico epilogo dell’8 Ottobre 2001!
    Per ultimo , riprendendo la sua risposta alla sig.ra Giovanna ,sugli aeroporti inutili e sulla miopia organizzativa : che si facciano pure tutte le cordate necessarie per salvare e recuperare ora questa , ora l’altra società, ma a spese degli imprenditori e non a quelle dei contribuenti, che per i prossimi sette anni saranno già impegnati a pagare un ingiusto balzello agli incolpevoli lavoratori in mobilità lunga, della nostra ex Compagnia di Bandiera
    Vittorio Floridia
    23-03-2009
    Vittorio Floridia - 26/03/2009