Comitato 8 Ottobre - Per non dimenticare

CHE COSA CHIEDIAMO ALLA GIUSTIZIA

Ecco l´articolo apparso su La Republica del 10 Marzo 2004 a firma di Paolo e Giovanna Pettinaroli

CHE COSA CHIEDIAMO ALLA GIUSTIZIA

Venerdì 6, ore 11, inizia l’arringa finale del PM. Eravamo più di cento ad ascoltarla davanti al maxischermo del tribunale di Milano. Abbiamo rivisto tutto il film di tutti questi mesi. Nella nostra mente si sono riproposte le scene di quel fatidico 8 Ottobre, la nostra sofferenza di allora. Abbiamo rivissuto i momenti di frustrazione che ci assaliva alla fine delle udienze in cui abbiamo assistito ad ignobili scaricabarile, a proclami di presunte innocenze. All’arroganza di chi ritiene di non sbagliare mai e che quanto avvenuto è stato un caso, che tutto era perfetto e che in fondo loro….cosa potevano farci?
Rientravamo a casa con la sensazione che i veri colpevoli fossero i nostri 118 che si erano svegliati alle quattro di mattino per andare a cercare la morte.
Ancora una volta Lunedì 8 il nostro giorno, ma questa volta non ci ha colti impreparati, sapevamo cosa ci aspettasse.
Finalmente l’attesa per sapere quale fosse la richiesta di pena è finita: le richieste di condanna sono state fatte e noi, ascoltandole, siamo trasaliti e nello stesso tempo è sfuggito in un sospiro il nostro commento personale. Troppo lieve? Ma come facciamo a dirlo, la legge stabilisce che deve essere così, e noi pensiamo che per un furterello da supermercato infliggono mesi di reclusione. Come può prendere solo otto anni chi ha procurato la morte di 118 persone? Quanto in realtà avremmo voluto che fosse la pena? 10 anni?, 20 anni?, 50 anni?, ma che soddisfazione avremmo avuto, vogliamo vendetta?, I 118 non ritorneranno più e forse noi ci sentiremmo ancora più frustrati.
Pensiamo a loro che non sono più ritornati a casa, e ci pesa, quanto ci pesa, la loro assenza. Saggiamente dobbiamo accettare quanto la giustizia, razionale, seppure pensata da altri uomini, ci ha dato. Adesso speriamo nella chiarezza dei prossimi passi perché non siano concessi sconti.
Abbiamo osservato le smorfie dei “colpevoli”,abbiamo avvertito il loro peso fattosi insostenibile, però….loro tornano a casa e non sarà insopportabile convivere con la vecchia arroganza. Chissà se mai ammetteranno con loro stessi d’avere tenuto in poco conto i loro simili!
Ognuno di noi cammina con il proprio peso di dolore e di paura e proviamo pena per loro, tanto da sentire il sentimento del perdono.
In questi 29 mesi abbiamo vissuto momenti di disperazione grande che quasi ci spingeva a sfondare quella fragile barriera oltre la quale si perdono i confini dell’agire. Faticosamente abbiamo ricomposto il tempo del dormire, del mangiare e del parlare. Eravamo in un baratro dove le parole, i nomi ed i movimenti venivano attutiti, sbiaditi….al rallentatore. Spesso ci si chiedeva come mai vivevamo in un incubo, volevamo svegliarci,….da che cosa, era già la nostra realtà.
I giorni si sono accumulati uno sull’altro, hanno formato un muro alla disperazione, lasciando solo tanta desolazione, solitudine nel cuore e nostalgia.
Pensiamo ai ricordi, ce ne sono tanti, belli, buffi, le impazienze e le discussioni non le ricordiamo più, ora sappiamo che erano “non problemi”.
Costano cari, carissimi certi insegnamenti che vengono dal vivere.
Sospiriamo, guardandoci attorno, cercando Lorenzo….incontriamo il sorriso e lo sguardo di Beatrice e sentiamo serenità dentro di noi. Ci ha lasciato lei e la sua giovane mamma, loro sono il vivere, e questa è una grande forza per andare oltre.
    Milano - 10/03/2004